Forse lo avrete già notato: parliamo sempre di tappeti Amazigh e mai di tappeti berberi.
Eppure, la parola Amazigh non viene quasi mai usata in Italia, a maggior ragione quando si tratta di identificare i tappeti.
Perché abbiamo scelto di usare una parola così poco conosciuta nel paese?
Per rispondere a questa domanda, facciamo un pochino di etimologia:
La parola “Berbero” deriva dall’antico greco “bárbaros” e dal latino “barbarus”, che ha dato anche la parola “Barbari”.
In greco, la parola significava letteralmente il “balbuziente” e designava colui che non sapeva parlare la lingua greca.
Il “barbarus” latino, invece, era lo “straniero”, ovvero quello estraneo alla civiltà greco-romana.
Oggi, la parola “bàrbaro” ha un’accezione negativa. Il “bàrbaro” è rozzo, incolto, crudele, inumano.
Il termine ha dato origine alla parola araba "barabir" o "barabira" che è stata usata nel Medioevo da autori arabi per identificare le popolazioni autoctone del Nord Africa.
Da lì, in tutto il mondo occidentale sono state usate progressivamente parole con la stessa etimologia negativa: gli anglosassoni dicono “berber” mentre i francesi usano la parola "berbère" (durante la colonizzazione la Francia aveva anche proclamato il "Dahir Berbère", un decreto che creava un sistema giuridico duale che divideva i marocchini in "arabi" e "berberi".).
Oggi, in Italia, si dice “berbero” per identificare la popolazione originaria del Nordafrica, ovvero la popolazione autoctona che viveva in Marocco, Algeria, Tunisia, prima dell’arrivo degli arabi dalla penisola arabica.
Come potete immaginare, la popolazione originaria del Nordafrica non chiama sé stessa “berbera”.
Nella loro lingua, si chiamano “Imazighen” o “Amazigh” che significa “Persone libere". Un significato decisamente bello e che gli fa onore.
Per noi, è importante usare le parole giuste. È una questione di rispetto per le artigiane e per la loro cultura.